Rendere più umana l'umanità
dott. Guido INTASCHI
Nella nostra società complessa ed in “crisi”, caratterizzata da bulimia dei consumi e anoressia dei valori, nessuna agenzia educativa (famiglia, scuola) e nessun servizio socio-sanitario, da soli, sono in grado di incidere in modo determinante sul processo di formazione delle nuove generazioni e su efficaci strategie di prevenzione, cura e riabilitazione delle dipendenze da sostanze (alcolismo, tabagismo, cocainismo...) e comportamentali (disturbo da gioco d’azzardo, dipendenza da nuove tecnologie...) che affliggono sempre di più le famiglie delle nostre comunità. In una fase di rapida trasformazione dei contesti giovanili, degli stili di vita e delle scene dei consumi (anche, ma non solo, di sostanze psicoattive legali ed illegali), sembrano dilagare quelle che Spinoza chiamava le “passioni tristi” (senso pervasivo di impotenza e d’incertezza rispetto al futuro, mondo vissuto come minaccia che porta l’uomo moderno ad accartocciarsi su sé stesso). Emerge una forte contraddizione fra richiesta di prevenzione dei comportamenti d’abuso e cultura dominante orientata verso il rischio, l’azzardo, l’additivo come scorciatoia per il piacere, il consumismo che, rendendoci analfabeti delle nostre emozioni e non permettendo alla nostra soggettività emotiva di esprimersi, favorisce di fatto le varie dipendenze. Le attuali condizioni di vita nelle società occidentali rendono infatti indispensabile l’uso di sostanze psicoattive, senza le quali non pare più possibile far fronte all’intensificazione dei ritmi di vita (sia nel lavoro che nel tempo libero) e alla conseguente ansia sociale. I fenomeni in continua ,evoluzione ed espansione del consumo problematico dell’alcol e degli stupefacenti (cannabinoidi, cocaina, eroina...) e del gioco d’azzardo patologico, rappresentano una delle maggiori cause di problematiche socio-sanitarie nella nostra società, sia in riferimento alla persona che alla famiglia ed alla
comunità. Le principali tendenze attuali indicano infatti un sempre più precoce accostamento dei giovani all’alcol ed uno sviluppo dei modelli di consumo “ad alto rischio” come l’abuso e l’ubriachezza soprattutto da parte degli adolescenti e dei giovani adulti, così come il consumo concomitante di alcol con altre sostanze psicotrope (cannabinoidi, cocaina, benzodiazepine etc…).
Come evidenziato dalle neuroscienze, gli adolescenti, non avendo ancora una piena maturazione cerebrale (raggiunta solo intorno ai 23-25 anni), sono inoltre più vulnerabili ai danni psichici, emotivi e sociali causati dal proprio consumo di alcol o da quello di altre sostanze psicoattive; esistono infatti chiari legami tra eccessivo consumo di alcol e droghe illegali, violenza auto ed etero-diretta, comportamenti sessuali a rischio, incidenti stradali mortali e con invalidità permanenti. Bisogna pertanto aiutare i giovani e la popolazione generale a riflettere sull’importanza degli stili di vita come fattore determinante della salute e lavorare insieme in modo intersettoriale nelle nostre comunità sia come agenzie pubbliche (Servizi Dipendenze, Dipartimenti di prevenzione, Enti locali...) che del terzo settore (Misericordia, gruppi di auto-aiuto AA e NA che seguono il programma “12 passi” e CAT che seguono la “metodologia Hudolin” ...) con l’obiettivo di rendere più facili e accessibili le scelte salutari (vedi programma “guadagnare salute”), che mirino a modificare quei comportamenti (abuso alcolico, fumo, scorretta alimentazione e inattività fisica) che favoriscono l’insorgere sia di malattie degenerative che di problemi acuti come gli incidenti stradali.
Appare, a mio parere, sempre più necessaria la collaborazione tra pubblico e terzo settore, tra “reti formali” e “reti informali”, tra “esperti per professione” ed “esperti per esperienza”, come ho cercato in questi anni di portare avanti nel territorio versiliese (vedi esperienza del Comitato “Non la bevo” in campo di prevenzione alcologica e della campagna “Non affogare nel mare del gioco” nel contrasto al gioco d’azzardo patologico), con la consapevolezza che bisogna cambiare come professionisti dei Servizi Dipendenze la nostra lente d’ingrandimento per far fronte a questa complessità in rapido aumento e vedere non solo la parte “malata” ma anche quella “sana” degli individui che assistiamo, cercando di stimolare il cambiamento delle persone con approccio motivazionale e vedere anche le famiglie ed i contesti come risorse da implementare con tecniche di auto-mutuo-aiuto e di tipo psicoeducazionale . In base alla mia esperienza clinica, maturata in una trentina di anni, in particolare nei percorsi di cura e riabilitazione dei pazienti alcolisti con e senza comorbilità psichiatrica, sono infatti sempre più convinto che “le persone si lasciano convincere più facilmente dalle ragioni che esse stesse hanno scoperto piuttosto che da quelle scaturite dalla mente degli altri” (Blaise Pascal). Al fine di migliorare i risultati degli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione delle dipendenze, che secondo il mio punto di vista non sono malattie curabili in modo passivo, dobbiamo pertanto coinvolgere attivamente, facendo proprio anche il loro punto di vista , sia il soggetto che il suo ambito familiare e la sua rete sociale sia nella correzione dei fattori di rischio che nel percorso di affrancamento dalla condizione di dipendenza.
Concludo questo mio contributo con un invito a praticare nella nostra vita di tutti i giorni la gentilezza e l’attenzione alla bellezza che muovendo le idee “salverà il mondo” con alcune considerazioni di Vito Mancuso sulla bellezza come “...la vita è un viaggio la cui meta è la verità e la cui via maestra è la bellezza che ha la stessa radice etimologica di bene...” e di Edgar Morin sulla bellezza come importante “strumento di conoscenza” in quanto ci fa capire che l’umanità è al contempo “una e diversa” e che “i singoli individui recano in sé qualcosa di universale”. Scrive Morin che la comprensione umana ci aiuta a “riconoscere l’identità comune nell’altro, nello straniero, nel diverso” attraverso la “condivisa possibilità di provare dolore e felicità” e, nello stesso tempo, ci permette di cogliere la differenza presente “nel carattere, nelle credenze, nei costumi”...”compito fondamentale degli esseri umani è preservare la bellezza per permettere alla bellezza di rendere più umana l’umanità”.
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